La rivista internazionale Nautica, che tutti i mesi dedica parecchio spazio ai temi ambientali legati al mare, pubblica sul numero di marzo un’interessante inchiesta sulle cosiddette “mascherine della vergogna”. Dalla sua inchiesta, a firma del giornalista Simone Repetto, risulta che nel corso del 2020 sono stati gettati negli oceani circa 1,56 miliardi di mascherine i quali, secondo uno studio dell’organizzazione per la conservazione marina OceanAsia, con sede a Hong Kong, impiegheranno qualcosa come 450 anni per rompersi del tutto, trasformando le plastiche soffiate a infusione che ne costituiscono il nucleo nelle ancor più subdole microplastiche che entreranno inevitabilmente a far parte della catena alimentare.

Maleducazione senza scadenza

Questo scempio rende ancor più grave quel fenomeno – già odioso di per sé – che ormai viene chiamato in molte parti del mondo con il termine di “littering”, cioè abbandono irresponsabile di rifiuti. Basta fare una passeggiata in un parco o lungo un litorale per rendersi conto della portata di questo pessimo comportamento che, ovviamente, non è legato tanto al termine di scadenza delle mascherine monouso quanto piuttosto a una diffusa maleducazione, talvolta basata sulla convinzione che certi comportamenti, essendo più o meno comuni (vedi il caso dell’abbandono dei mozziconi di sigaretta) sono automaticamente consentiti.

A proposito di riutilizzo e di smaltimento

A proposito però del riutilizzo e dello smaltimento delle mascherine, è assai interessante quanto illustrato dal ricercatore britannico Teale Phelp Bondaroff, il quale da tempo si è fatto sostenitore della massiccia produzione di presidi “riattivabili” e/o biodegradabili. I primi, semplicemente collegati a una presa USB di un normale personal computer, sono in grado di disinfettarsi autonomamente grazie a una reazione elettrochimica tra i componenti della loro parte filtrante; i secondi, fabbricati esclusivamente con materiali naturali, accorciano in maniera drastica i tempi di decadimento dei loro componenti, rispetto a quanto accade attualmente. Due soluzioni che, considerato l’inevitabile protrarsi dell’uso di questi mezzi di protezione individuale, dovrebbero essere adottate al più presto su larga scala.